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Martedì 11/11/2025
a cura di Notaio Gianfranco Benetti
Agenzia Entrate - Risposta a Interpello n. 271/2025.
La donazione di partecipazioni sociali ai discendenti è una delle modalità più diffuse per pianificare il passaggio generazionale dell’azienda familiare.
E per agevolarlo il legislatore ha previsto, e recentemente esteso, l’esenzione da imposta per la donazione di partecipazioni sociali ai discendenti e al coniuge, purché chi la riceve acquisisca il controllo o integri un controllo già esistente della società donata (art 3, comma 4–ter D.lgs. 31 ottobre 1990 n. 346, TUS).
Per farlo non basta che la somma delle partecipazioni donate, per dirla con Totò, “faccia il totale” che porta al controllo, occorre che lo acquisisca chi riceve la donazione, eventualmente in “comproprietà” con gli altri, “a condizione che venga ai sensi dell'articolo 2347 del codice civile, ii diritti dei comproprietari siano esercitati da un rappresentante comune che disponga della maggioranza dei voti esercitabili in assemblea ordinaria “(Risp. a interpello 18 marzo 2024 n. 72).
E’ ciò che ha fatto l’istante nel caso sottoposto all’Agenzia, solo che oltre ad una piccola percentuale di proprietà delle quote sociali, si è “riservato” l’usufrutto su tutte le altre, limitandosi a donarne la nuda proprietà.
Non era però sprovveduto, e ha pattuito nella donazione che i figli nudi proprietari avrebbero avuto la maggioranza dei diritti di voto nell'assemblea ordinaria della Società, attribuendogli così il cd. ''controllo di diritto'' previsto all’ 2359, co. 1°, n.1) c.c., cui la norma agevolativa rinvia espressamente.
Non ci sono dubbi che si possa fare, l‘art. 2352 comma 1 c.c., attribuisce il voto all’usufruttuario, ma fa salva la “convenzione contraria” e per la verità non c’erano dubbi nemmeno sulla possibilità di godere delle agevolazioni, salvo interpretare il riferimento all’assemblea “ordinaria”, non prevista per le srl, come quelle decisioni che non incidono sullo statuto e sulla struttura della società.
L’istante è però preoccupato dei “particolari diritti” (art. 2468 comma 3 c.c.) che il donante continua a vantare nella società: il diritto di convocare l’assemblea, di veto su alcune decisioni e una facilitazione nella distribuzione degli utili, che in effetti impattano sull’esercizio del voto. Ma l’Agenzia concorda con l’istante, e con il conforto della Cassazione del 3 maggio 2017, n. 10726, li reputa ininfluenti “sul controllo di diritto trasferito ai Figli dell'Istante”.
Implicitamente l’Agenzia sconfessa anche l’interpretazione che escludeva la holding pura dall’agevolazione, dato che non si sofferma nemmeno sulla circostanza. L’istante la definisce diplomaticamente «holding industriale», ma non si tratta evidentemente di holding “mista”, dato che svolge solo l'attività di gestione della società controllata, e, per il tramite di questa delle controllate indirette.
Possiamo quindi ritenere definitivamente archiviata l’interpretazione restrittiva che limitava alle società operative il beneficio fiscale, anche perché l’art. 3 comma 4ter del TUS, dopo la modifica apportata dal D.lgs. 18 settembre 2024, n. 139, non fa più riferimento per le società all’obbligo dei beneficiari di “proseguire nell’attività di impresa” limitandosi a richiedere, “che gli aventi causa detengano il controllo per un periodo non inferiore a cinque anni dalla data del trasferimento”, impegno che, ricorda l’Agenzia, deve necessariamente risultare dall’atto di donazione, se no scattano le tagliole: decadenza dal beneficio, pagamento dell'imposta in misura ordinaria, sanzione amministrativa (art. 13 D.lgs. 471/1997) e interessi di mora dalla data in cui l'imposta medesima avrebbe dovuto essere pagata.